lunedì 2 marzo 2015

Pomi d’oro e d’immortalità. Da Iðunn ad Era.

Tantissimo tempo fa avevo scritto questo Post, per il giornale di Sacerdotesse di Avalo "Il Tempio" quel numero non è mai uscito e così rendo pubblica questa ricerchina qui. Buona Lettura

Gli Elleni e i Troiani, avevano incontrato il melo in ogni dove durante le loro migrazioni, prima di stabilirsi in Grecia, in Asia Minore o in Italia. Secondo quanto attestato da Plinio, i Romani del primo secolo già conoscevano questo albero in ben trenta delle sue specie, differenti sia nell’impiego sia nell’alimentazione, ma anche nella medicina.
Le parole per indicare Mela, in latino Melum, e in greco Mḗlon, avevano in origine un senso più generico, indicavano infatti, tutti i frutti esotici che più o meno si assomigliavano, accompagnati allora da un aggettivo che ne indicava la provenienza. Mḗlon kydōnion, era la mela cotogna, da Kidōnia, Mḗlon persikòn la pesca, Mḗlon armeniakòn, l’albicocco perché, sebbene provenisse dalla Cina come il pesco, i greci l’avevano visto crescere in Armenia nel primo secolo d.C. e ancora Mḗlon kìtrion che era il limone, il Mḗlon mēdicòn il cedro e così via.
Il mito delle mele ha numerosi corrispettivi in molte tradizioni, dove si trovano spesso frutti dai poteri miracolosi, sorvegliati da guardiani, o oggetto di contesa. Dalla leggenda irlandese dei figli di Tuirenn, che rubarono le mele dal giardino di Hisberna, al ben noto racconto biblico dell'albero della conoscenza del bene e del male, sino a quella greca del giardino delle Esperidi simili alle leggendarie mele dell’immortalità degli dei nordici, custodite nel giardino della dea Iðunn. E sarà proprio di questi ultimi due racconti che parleremo.

Iðunn è ricordata nel mito del suo rapimento da parte del gigante Þjazi. La vicenda ha inizio con un viaggio di Odino, Hœnir e Loki, durante il quale le tre divinità desiderano cucinarsi un arrosto, ciò però viene impedito dai poteri magici di un'aquila, sotto il cui aspetto si cela il gigante trasformato. Loki tenta di colpire l'aquila con un bastone, ma questo rimane incastrato nel corpo del rapace, che spicca il volo trascinandosi dietro il dio. Loki, per salvarsi, stringe un patto con Þjazi, promettendog di consegnargli Iðunn e le sue mele.
In seguito Loki riesce a convincere Iðunn a uscire da Ásgarðr e a recarsi in un bosco, dove Þjazi, sempre in forma d'aquila, la rapisce, portandola nella sua dimora montana di Þrymheimr. Privi delle mele di Iðunn gli dèi cominciano a invecchiare e, saputo dell'intrigo di Loki, lo mandano a chiamare per costringerlo a rimediare.
Loki ottiene quindi dalla dea Freyja un travestimento da falco, tramite il quale raggiungere la dimora del gigante, dove trova Iðunn, sola, mentre il padrone di casa si trova momentaneamente sul mare. Loki trasforma Iðunn in una noce, portandola via con sé, ma Þjazi, che si è ben presto accorto dell'incursione, muta di nuovo in aquila volando all'inseguimento. Gli dèi, allora, una volta che Loki ha fatto ritorno ad Ásgarðr con Iðunn, creano una barriera di fuoco tra le cui fiamme Þjazi perisce. In seguito Odino dovrà affrontare la figlia di Þjazi, Skaði, decisa a vendicare il padre: ad ella verrà offerto, in riparazione, il matrimonio con uno degli dèi.
Alcuni studiosi hanno affermato che la presenza delle mele nel mito di Iðunn ha provenienza straniera. Difatti, nei testi più antichi che lo riportano, le mele non sono nominate, e di Iðunn si dice solo genericamente che possiede la medicina per impedire agli dèi di invecchiare. Inoltre, le coltivazioni di mele non furono note in Scandinavia almeno sino al tardo Medioevo. C'è tuttavia, chi fa notare che il termine con cui vengono chiamate le mele di Iðunn (epli) si può riferire in senso generico a qualsiasi tipo di frutto tondeggiante, non necessariamente alle mele proprio come Melum, e Mḗlon. Il suo nome è anche riconducibile forse nel toponimo danese Enø (>Jthænø) e in altri, di origine scandinava.
Si fa riferimento alle sue preziose mele anche laddove Skirnir, per indurre Gerdr (figlia di un gigante) a cedere all'amore di Freyr, le offre “undici mele"(epli ellidu/ epli, ellilyf "le mele medicina” contro la vecchiaia), di tali mele fu detto che erano tutte d'oro (algullin) e se ne sottolinea il simbolo di fecondità; queste ricordano il mito di Afrodite, dove Paride le fece omaggio di una mela, sebbene in questo caso si tratti di un “pomo della discordia”.
Nei pomi delle Esperidi invece, si sono voluti riconoscere le arance, o i limoni, invece che le mele, perché nel quinto secolo a.C. Sofocle aveva chiamato questi frutti “pomi d’oro”, sebbene questo termine non si riferisca a una specie in particolare, ma indica frutti mitici “frutti d’immortalità”, e il “risultato non cambi”.
Il mito narra che Eracle aveva già compiuto le sue dieci fatiche, inflitte da Euristeo, sotto consiglio dell’oracolo di Delfi per purificarsi dai delitti perpetrati durante la sua follia e per così ottenere l’immortalità. L’undicesima fatica doveva essere decisiva sotto questo aspetto, poiché nella dodicesima e ultima fatica, l’eroe sarebbe sceso negli Inferi ponendo fine alla sua servitù.
L’albero da cui Euristeo pretese che Eracle gli portasse i frutti d’oro apparteneva ad Era, la quale l’aveva avuto in dono dalla Terra Madre e l’aveva piantato in un giardino divino situato alle pendici del monte Atlante, dove il dio omonimo vegliava con grande orgoglio i frutti d’oro. Ma poiché Egli era impegnato a tenere sulle proprie spalle le “colonne del cielo”, Era aveva affidato alle figlie dello stesso la custodia dell’albero. La loro madre era Esperide, figlia del dio Espero, dio del sole calante, che altri non era che Ade che regnava sui morti, perché le anime di questi, seguendo il sole nella sua corsa, scomparivano con lui a occidente.
Le Esperidi erano tre: Esperia, Egle “lucentissima” ed Eritea, “terra rossa”; belle e spensierate cantavano con “voce sonora”, ma Era si accorse che le rubavano le mele d’oro. Perciò ordinò a Ladon, il drago, di chiudere nelle sue spire il tronco dell’albero e vietarne l’accesso a ogni straniero.
Tale immagine evoca immediatamente la forte similitudine con il serpente di Adamo ed Eva.
La fatica di Eracle, era un’impresa doppiamente difficile se si pensa che Era lo perseguitava fin dalla nascita, ed egli ignorava dove si trovasse l’albero dai frutti d’oro, di cui con certezza sapeva solo che sicuramente si trovava a occidente.
L’eroe si impadronì di Nereo, il dio marino oracolare, con l’aiuto delle ninfe del fiume, e malgrado le diverse forme che il dio cerò di assumere per sfuggirgli, infine, Eracle carpì il suo segreto: come impadronirsi delle mele d’oro. Tuttavia, secondo altri autori invece fu Prometeo ad aiutare Eracle: non doveva cogliere le mele direttamente, poiché troppo ben protette da Ladon, ma farsi aiutare da Atlante promettendogli un aiuto nel sostenere il suo gravoso fardello.
Nonostante Atlante fosse stato avvisato da un oracolo, “La Fatidica”, l’idea di un attimo di tregua ebbe la meglio sulla diffidenza che avrebbe dovuto mantenere. Atlante però temeva il drago, che venne abbattuto dalle frecce di Eracle il quale sostituì il dio, mentre Egli raccoglieva tre mele. Tale avvenimento venne commemorato con le famose “colonne di Eracle o Ercole”.
Apprezzata la libertà, però Atlante cerò di approfittarne, ma l’astuzia di Eracle ebbe nuovamente la meglio sul dio.
Portate le mele a Euristeo, queste le offrì ad Atena, ma Ella le restituì ad Era “perché sarebbe stato illecito che a Era venisse tolta la sua proprietà”. La dea deplorò la morte del suo protetto Ladon e lo mise in mezzo alle stelle, dove è diventato la costellazione del Dragone.

Con questo secondo racconto mitologico è possibile non solo trovare corrispondenza in culture e tempi diversi sui “frutti d’oro dell’immortalità” ma l’albero appare anche come Albero Cosmico che sostiene la volta celeste, impedendo di schiacciare gli uomini, come succede presso i Celti e i Germani. Forse è proprio grazie a questo compito, sostenere i celi, che i suoi frutti  permettono di arrivare all’immortalità .


Fonti:
Jacques Brosse, Mitologia degli alberi. Dal giardino dell’Eden al legnod ella Croce, Bur Rizzoli, 2010
Chiesa Isnardi Gianna, I miti nordici, Longanesi, 2008.
Teogonia di Esiodo.
Pseudo-Apollodoro, Biblioteca.
Igino, Fabulae.
www.skayler-ulver.blogspot.it - Modern Witch League

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